La scalata alla Cima Grande di Lavaredo 2999 mt. (Via normale) 

La prima volta che vidi le tre Cime di Lavaredo rimasi a bocca aperta, ero così piccola in confronto a quelle enormi torri! Non serve essere appassionati di montagna per capire quanto siano imponenti e magnifiche, non a caso sono il simbolo del patrimonio dell’Unesco, il simbolo delle Dolomiti, il simbolo dell’arrampicata sportiva portata alle Dolomiti.

Queste meravigliose cime si trovano nel gruppo delle Dolomiti di Sesto, tra le province del Veneto e dell’Alto Adige.

La scalata alla Cima Grande di Lavaredo 2999 mt. (Via normale) 

ATTREZZATURA:

  • imbrago
  • casco 
  • corda o due mezze corde
  • moschettoni
  • rinvii
  • kit per la discesa in corda doppia
  • un paio di friend, fettucce e cordini di abbandono (è sempre opportuno averne, non si sa mai!)

Dal rifugio Auronzo si imbocca a piedi la strada pianeggiante e sterrata che costeggia le cime sul versante sud; dopo circa 10 minuti, prima della chiesetta, si prende un sentiero alla nostra sinistra che percorre i ghiaioni alla base delle pareti, arrivando quindi all’attacco della via che si trova alla base del canale tra la Cima Piccola e la Cima Grande di Lavaredo.

Alla partenza della via non è presente alcuna fettuccia o cordino che indichi la via, ma se si fa attenzione si può notare un segno sbiadito di colore rosso/arancione sul lato destro della via. La roccia dolomitica di questa parete è molto bella e si riescono a vedere alla perfezione tutte le caratteristiche dei sedimenti che la costituiscono, essendo questa una roccia sedimentaria. Le Dolomiti iniziarono a prendere vita milioni e milioni di anni fa, quando ancora l’oceano copriva tutto il territorio, dalla stratificazione dei sedimenti accumulati nei millenni.

Molte volte, se si fa attenzione, si possono trovare alcuni fossili marini. Detto questo passiamo alla nostra scalata!

La salita sulle Tre Cime

Per la nostra progressione abbiamo scelto di formare due cordate: la prima composta da Maurizio e Sabina, l’altra da Manuel, Alissa e Susanna.

I primi tiri della via risultano essere molto semplici con passaggi di II grado caratterizzati principalmente da alcuni scalini naturali, per questo abbiamo scelto di proseguire in conserva così da mantenere un ritmo costante. La progressione in conserva con corda corta è una tecnica in cui si prosegue tutti insieme, legati non alla montagna ma tra di noi.Proseguiamo in questo modo fino ad un canale gradinato, per questi primi tiri la via è ben attrezzata e si possono trovare alcuni chiodi dove è possibile assicurarsi e fare soste quindi chi non se la sente, di salire in conserva, può salire nel metodo classico. 

Da qui abbiamo affrontato un tiro di III grado in modo classico, ovvero il primo di cordata sale fino alla sosta, si assicura e procede a recuperare in sicurezza i compagni che salgono uno alla volta. 

Con questo passaggio, forse il più tecnico della salita, si arriva ad una forcella dove proseguiamo ancora in conserva per alcuni metri. Si sale per facili rocce, dopo di che si affronta un canale che sale fino ad una cengia.

Dalla forcella si prosegue verso sinistra, attraverso facili rocce e piccole paretine.

Sulla forcella si trova una bella sosta, dove è possibile prepararsi per i tiri successivi.

Nei prossimi tiri ci aspetteranno alcune paretine verticali, con un piccolo canale.

Arrivati in cima alla piccola parete si prosegue verso sinistra fino a raggiungere la base di un grande canale. In questi tiri bisogna avere una particolare attenzione per le rocce sgretolate, che non cadano addosso agli scalatori sotto di noi.

Da qui camminando verso destra si arriva alla base del grande camino,in questo passaggio bisogna fare attenzione, a non farsi ingannare dai chiodi che si trovano sulla parete di fronte,ma bisogna spostarsi nel camino.

Salendo per il canale, che non è da sottovalutare come arrampicata, si arriva su una piccola terrazza Dolomitica dove il paesaggio è semplicemente fantastico con una grande visuale su tutte le Dolomiti.

Da qui in realtà si è molto vicini alla vetta, se il ritmo è buono e costante in circa 40 minuti la si raggiunge. Prima di arrivarci si deve passare attraverso la grande cengia, il passaggio più conosciuto di questa via.

Su questa cengia se si guarda bene alla nostra destra è possibile trovare dei muretti che venivano usati come bivacchi di emergenza nei primi anni di ascese a questa cima, a questo punto bisogna stare attenti di non spostarci troppo a sinistra.

Dopo di che non ci aspetta altro che affrontare l’ultimo canale e arrivare sotto la cima, che si raggiunge attraverso facili rocce.

Gli ultimi sforzi e finalmente in cima.

Raggiungere la vetta di una montagna è una cosa meravigliosa, ti permette di essere ripagato di tutti gli sforzi e le fatiche fatte durante la salita e di vedere solo quello che in pochi hanno visto ma, attenzione, quando si arriva in vetta non si è per niente arrivati! Ci aspetta ancora tutta la discesa ed è lì che avvengono la maggior parte degli incidenti montani perché si è stanchi, il livello di attenzione si abbassa ed è facile commettere banali errori che potrebbero costarti caro. Perciò cerchiamo di restare più lucidi possibile e godiamoci la discesa con tutte le attenzioni che merita. 

Detto questo divertitevi mentre scalate perché non c’è cosa più bella che scalare con il sorriso !!

Alcune delle foto scattate dalla Cima Grande di Lavaredo.

La discesa e il rientro al Rifugio Auronzo

Per la discesa si affronta la stessa via della salita facendo delle calate in corda doppia. Noi abbiamo scelto di attaccare due corde da 70 m con l’idea di essere più veloci anziché fare più calate da 25/30 m. Tuttavia non abbiamo considerato molto bene il fatto che bisognava anche recuperare le corde e, a causa di questo inconveniente, abbiamo impiegato un po’ più del tempo previsto per la discesa…

Calata di fianco al grande camino…

Tramonto in parete…

Le tre cime con le stelle…

Finalmente di nuovo al rifugio Auronzo.

Bellissima via, da non sottovalutare per i suoi gradi semplici regolarsi bene con gli orari di salita e di discesa.

Autore: Susanna Datres