In questa nuova Storia di vita sulle Dolomiti vi portiamo alla scoperta di un luogo magico, incantato, forse meno conosciuto rispetto ad altre zone, ma proprio per questo conserva ancora tutta la sua unicità: il Mulino dei Padre. Si trova a Selva di Cadore e viene custodito dal prezioso lavoro di Martina (che ci ha raccontato questa bellissima storia), Ivano suo padre, e altri volontari che sono il vero e proprio cuore pulsante del mulino stesso.
“Mio padre” ci racconta Martina “è il falegname che si è occupato in prima persona del restauro. Devi sapere che è stato un restauro particolarmente difficoltoso, poiché il mulino versava in condizioni di abbandono, certi punti erano crollati e il legno marcito. Non c’era un disegno o un progetto della costruzione del mulino da poter consultare, non c’era più il vecchio mugnaio di Selva che poteva raccontarci il funzionamento ma solo osservare quello che era rimasto e provare a ricostruirlo, studiare gli ingranaggi, e metterci tanto tanto ingegno.”
È un mulino del 1880, costruito da Osvaldo Lorenzini, della famiglia “dei Padre” da qui il nome, l’ultimo esistente a Selva di Cadore, rimasto in funzione fino al 1970. Il restauro è iniziato nel 2014 dal tetto ormai marcio, interamente rifatto in scandole di larice. Il primo vero anno di rinascita però è stato il 2016, in cui le ruote esterne sono state riprodotte fedelmente assieme agli ingranaggi e rimesse in funzione.
A riguardo Martina ci racconta una piccola curiosità.
“Per realizzare la tornitura di uno degli alberi del mulino di Toffol è stato utilizzato un tronco di larice di 4,5 metri e del diametro di 40cm cresciuto e tagliato sul monte Fertazza. I larici cresciuti ad alta quota infatti, vantano una maggiore qualità e dunque una maggiore resistenza alle intemperie. La tornitura serviva per raddrizzarlo e bilanciarlo riducendo così gli effetti di usura del meccanismo.
Viste le dimensioni, per la tornitura dell’albero del mulino, è stato necessario costruire una sorta di tornio all’aperto che è stato fatto girare da un vecchio motore a scoppio.
La primavera successiva siamo passati alla sistemazione del “Pestaorzo”, che contrariamente a quello che potrebbe far credere il nome, non pesta l’orzo ma bensì lo decortica, ovvero toglie la buccia (crusca) dal chicco. Per completare il lavoro sono necessarie sette ore e almeno 15 kg di orzo. L’estate scorsa infine, abbiamo completato il restauro della macina della farina.
È stato senza dubbio il momento più emozionante. Il Mulino de i Padre era finalmente rinato! Non si può spiegare la sensazione di vederlo interamente in funzione. Una piccola opera di ingegneria che funziona solamente grazie alla forza dell’acqua.“
Come è stato possibile tutto questo?
“Beh senza dubbio grazie ai numerosi contributi della Magnifica Regola di Selva di Cadore” ci racconta Martina. “Un altro contributo ci è stato offerto da un’azienda chiamata “European DataWarehouse GmbH” che promuove la finanza sostenibile e progetti specifici per il restauro e l’efficientamento energetico degli immobili.
Poi visitando altri mulini, in particolare quello di Arabba e quello di Andraz. Quest’ultimo è stato fondamentale, grazie al suo custode, Franco Deltedesco, uno degli ultimi mugnai delle Dolomiti, che non ha mai smesso di raccontarci, spiegarci, mostrarci i segreti del suo lavoro.
Visitando gli ultimi campi d’orzo rimasti a Larzonei dove ancora viene utilizzato il cavallo per arare.
Grazie ai volontari, oltre Ivano, voglio ricordare Renzo, Roberto, Aristide, Aurelio e Roberta. Loro sono gli altri custodi di questo tesoro, perché durante l’estate, la domenica, non vanno al mare o in gita ma sono lì presenti, al Mulino, a farlo funzionare e raccontare a tutti quelli che vengono a trovarci, quelli che vennero definiti i “sentieri dei passi perduti”. Chi viene a farci visita ha la possibilità di ricreare agli occhi e all’anima la vita e le fatiche di un tempo.“
Infine tutto questo è stato reso possibile dall’amore. L’amore per le proprie radici e per la propria terra. “Mantenere vive quelle tradizioni che sono la nostra identità, la storia della nostra valle. Forse è anche la nostalgia per quella vita in cui si era molto più in equilibrio con la natura di adesso. La tecnologia ci ha portato tanto ma portato anche via tanto. Abbiamo necessità di ricordare, di rallentare, di tornare a seguire le stagioni, noi così abituati ad avere ogni frutto disponibile tutto l’anno al supermercato per esempio. Sappiamo usare un computer ma quanti sanno ancora coltivare un orto?Seminare un campo?. Ora più che mai, con l’avanzare della crisi energetica, queste domande trovano attualità.
Selva è oggi un paese turistico, ma solo cento anni fa si sopravviveva grazie al duro lavoro di uomini e mulini.“
“Il nostro obiettivo è conservare questo patrimonio culturale, tenere viva l’arte di questo mestiere antico ricco di segreti e condividerli con chi viene a trovarci. Ricordarci da dove veniamo, per avere più chiaro verso dove siamo diretti.
Chi viene a trovarci rimane incantato, affascinato. Nel nostro libro visitatori troviamo commosse dediche di chi ci ringrazia per tutto questo amore che mettiamo nel custodire questo piccolo Mulino. Ed è proprio fra quelle parole e quegli sguardi di riconoscenza che troviamo l’entusiasmo per continuare.
Per questa estate sarà possibile anche visitare il piano superiore, dove c’è una piccola falegnameria anch’essa funzionante solo grazie alla sinergia di ruote ed acqua, nello specifico una sega e una pialla.“
PER CONTATTARE MARTINA E PRENOTARE UNA VISITA
Sono disponibili ad ospitare scuole o gruppi, altrimenti sono operativi ogni domenica di luglio e agosto dalle 16.00 alle 18.00 con visite gratuite guidate.
Potete contattare Ivano al 3487950407
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