La storia di Nicoletta Riz: il ladino per valorizzare la propria cultura e storia, perché rappresentano un popolo intero

La Val di Fassa è sicuramente una delle zone che ci ha regalato più “Storie di vita sulle Dolomiti” ma oggi abbiamo voluto scendere ancora di più nella cultura e nel territorio e vi raccontiamo con immenso piacere la storia di Nicoletta Riz, una ragazza di Canazei letteralmente innamorata della lingua ladina, tanto da farne un lavoro. E anche oggi, come per tutte le altre storie, insieme alla protagonista abbiamo l’opportunità di lanciare un bellissimo messaggio, ossia che il ladino, come qualsiasi altra lingua, tradizione o peculiarità di un territorio è assolutamente da valorizzare perché la cultura e la storia rappresentano un popolo intero.

Ciao Nicoletta e grazie per dedicare un po’ del tuo tempo a raccontarci la tua storia di vita sulle Dolomiti. Innanzitutto ti chiederei se ti puoi presentare, raccontarci in breve chi sei, dove vivi, che lavoro fai e quali sono le tue passioni principali!

Oela! Sono Nicoletta, ho 22 anni e abito a Canazei, in Val di Fassa. Al liceo ho avuto la fortuna di innamorarmi della lingua ladina e di conoscere il mondo del giornalismo. Dal 2021 sono giornalista e attualmente collaboro con diverse testate locali (Radio Studio Record, La Usc di Ladins, TRaiL): carta, televisione e radio, mi piace sperimentare!

Negli ultimi mesi, con l’editore Union di Ladins de Fascia, ho pubblicato il (secondo) volume fotografico “Ciantons. Cartolines e proverbies da zacan”, frutto di una grandissima passione per la fotografia e la storia della Valle. Oltre a ciò, mi piace camminare e pedalare in montagna, soprattutto lungo sentieri poco “trafficati”.

Ti abbiamo conosciuta dal podcast “Cucù” che abbiamo sempre ascoltato con molta curiosità e che abbiamo iniziato ad apprezzare di più dopo un corso di ladino che abbiamo iniziato a seguire in questi ultimi mesi. Puoi raccontarci di più su questo podcast?

“Cucù” è nato all’interno della programmazione in lingua ladina del palinsesto di Radio Studio Record, che di recente ha cambiato editore. Del giornalismo, mi piace raccontare e conoscere nuove storie e esperienze di vita: Cucù, dunque, può essere un contenitore (veramente variegato!) di racconti meravigliosi, di ciò che è la val di Fassa, le valli ladine e le sue anime. E poi, è sicuramente un’interessante occasione di incontro e di promozione di cultura, musica e lingua ladina.

Il programma va in onda precisamente alle 15:00 di giovedì pomeriggio (in replica alle 11:00): da qui, la prima ragione per cui è stato scelto questo nome… Cucù, il suono tipico dell’orologio tirolese! Cucù può essere poi anche l’acronimo di ‘cultura’ e ‘curiosità’, o ancora collegarsi a verbo in ladino fassano ‘cuchèr’, che significa ‘sbirciare’.

In questo podcast di parla interamente in ladino, e sappiamo che questa lingua è molto importante per te, dato il tuo lavoro per La Usc di Ladins, TRaiL e la collaborazione con l’Union di Ladins de Fascia. Ma siamo curiosi di saperlo da te, quanto è bello e quanto è importante per te il ladino? E quanto importante è mantenere viva questa lingua? Da fassana, è una lingua che in valle si parla ancora molto? Anche tra i giovani? E come è cambiato il ladino nel corso degli anni? 

Non c’è un unico ladino, mi spiego meglio. Io parlo la variante cazet, appartenente all’alta val di Fassa. Nel centro valle c’è poi il brach, a Moena il moenat. Nelle valli di Gardena, Val Badia, Livinallongo, Colle e Ampezzo ci sono altre varianti ladine, appartenenti alla ‘famiglia’  ladina delle valli del Sella. Sicuramente, la situazione linguistica in valle è cambiata nel corso del tempo, a causa dell’incontro con altre lingue — in primis, l’italiano. Personalmente, come tanti altri ragazzi e ragazze, ho imparato il ladino a casa (non a caso si dice «l lengaz de la mère», ossia letteralmente ‘la lingua della mamma’) e l’italiano all’asilo. In valle la lingua ladina si parla ancora molto, ma per differenti cause rispetto al secolo scorso, che siano esse economiche, sociali o culturali, a parer mio si sta indebolendo, o per lo meno è influenzata dalla presenza massiccia e oppressiva della lingua italiana. Poi, in realtà lascio la parola agli esperti!

Come qualsiasi altra lingua, tradizione e peculiarità di ogni singolo territorio, credo fermamente che sia fondamentale valorizzare la propria cultura e storia, perché sono ciò che un popolo è… oppure preferiamo omologarci a un unico monotono vivere globale?

Se dovessi legare il ladino alla montagna, quali parole o quali immagini ti vengono in mente? Paesaggi, persone, mestieri? 

Ladino significa anche identità: un sentimento di appartenenza ad un popolo, con una sua cultura e una sua storia. Anche la storia di vita quotidiana, le grandi difficoltà di vivere e sopravvivere in montagna nel passato, in ambiente sicuramente non ‘semplice’ e che obbligava i fassani a emigrare. Un ambiente ricco di leggende, di racconti, di ‘viles’… ossia serate all’interno de la stues, unico luogo riscaldato della casa, durante le quali gli anziani raccontavano storie, le donne filavano, gli uomini intagliavano giocattoli in legno. Mi piace pensare ai soprannomi di famiglia (la famiglia “del Pech”, “chi Baisc”, “chi de Poa”) o ai toponimi (Marmolèda, Cianacei, Fascia, Antermont, Mortin) che raccontano il territorio.

Sono molti i progetti che stai seguendo per mantenere viva la cultura e le tradizioni locali, e questa è una cosa che ammiriamo molto. Puoi parlarcene? Ad esempio dei progetti che stai portando avanti per l’Union di Ladins de Fascia e di Ciantons, il calendario da tavolo in ladino con proverbi e cartoline storiche della Val di Fassa? Come è nato questo progetto e come è stata la realizzazione? A livello emotivo, realizzare un progetto di questo tipo, cosa ti smuove dentro? Cosa ti lascia oltre all’aspetto fisico di tenerlo tra le mani?

Per l’associazione, mi piace raccontare il progetto etnografico “Saeres. Tutorials de tradizions e mestieres fascegn”, ossia ‘Saperi. Tutorial di tradizioni e mestieri fassani’, un’iniziativa sviluppata assieme alla linguista Nives Iori ormai alcuni anni fa. L’intenzione era creare un prodotto video frizzante e moderno, che documenti in maniera visiva il sapere manuale della tradizione ladina nonché i lavori tipici svolti in valle. Sul territorio, abbiamo collaborato con una trentina (fino a questo momento) di persone, che con grandissima disponibilità ci hanno raccontato ciò che hanno imparato da piccoli, in modo tale che questa conoscenza non vada persa. Abbiamo dunque raccolto, per esempio, ricette della tradizione, come si realizzano i capi del Carnevale fassano, come si dipingono le uova in maniera naturale, come si procede con la fienagione… Sono disponibili sia online (con i sottotitoli in italiano) sia sono visionabili sui maxischermi nelle piazze della val di Fassa.

“Ciantons” è stato il mio secondo libro fotografico che ho curato. Il primo “Fascegn. Retrac de jent da zacan” era una raccolta di foto di famiglia e di momenti di comunità. Dunque, da fotografie con la presenza umana, mi sono spostata sul racconto della valle attraverso i suoi angoli, “Ciantons” in ladino. Dunque, una valle di Fassa degli anni ’50, ’60 e ’70, in bianco e nero, completamente diversa dalla valle di oggigiorno. Accanto, oltre che una descrizione storica e alcune curiosità, un proverbio in lingua ladina con la relativa traduzione in italiano.
Abbiamo realizzato un calendario da tavolo, un libro con 366 cartoline (da una collezione privata) e 366 proverbi, in modo tale che ognuno possa imparare qualcosa, giorno per giorno. Questo progetto penso sia stato importante per la comunità in quanto è il primo di questo genere, ma può essere uno strumento semplice ed efficace per raccontare la nostra comunità in maniera accattivante. Per me, è semplicemente una mia grandissima passione che coltivo con amore, pazienza e precisione ogni giorno da alcuni anni.

Quali altri progetti es. musei, mostre, eventi, ma anche libri o canzoni puoi consigliare a chi vuole entrare in contatto con il mondo ladino e scoprirne di più?
Il Museo Ladin de Fascia con le sue sezioni sul territorio, per quanto riguarda la nostra valle, è sicuramente la maniera migliore per conoscere la realtà valligiana. Sul sito dell’Union di Ladins, si può consultare gratuitamente e liberamente materiale video, audio e testo in lingua ladina (https://www.ladinsdefascia.it/), nonché consultare il catalogo di pubblicazioni, di vario genere.

Il ladino è una lingua bellissima, non è solamente noiosa cultura. È meraviglioso e strabiliante ciò che si può ‘combinare’: ascoltate queste canzoni in lingua ladina, tutte di giovani gruppi / artisti ladini!


Secondo noi con questa intervista abbiamo la possibilità di lanciare un bel messaggio a tutti coloro che ci leggono, ossia quello che la cultura e le tradizioni della montagna in generale sono un patrimonio enorme e per questo vanno salvaguardate. E grazie proprio a persone come te, questo è possibile. Sei d’accordo?

La montagna è sicuramente un luogo meraviglioso dove trascorrere le proprie vacanze, ma per viverle a pieno sarebbe importante conoscere anche la realtà delle sue persone, coloro che la vivono, la animano e la curano ogni giorno.

Ci sarebbe ancora tanto, tanto, da dire e da raccontare, ma per chest… ve spete te Fascia!