«Sono rinata tra gli alberi» | La storia di Katiuscia Rasom, guida di Forest Bathing della Val di Fassa

Scritto da Elisa Salvi per la rubrica “Storie di vita sulle Dolomiti” di Dolomiti da sogno

“Non si esce mai dal bosco uguali a come si è entrati”. Prova di quest’assunto è Katiuscia Rasom che ha sperimentato in prima persona il potere terapeutico della natura. Architetto e maestra di sci della Val di Fassa, la sua irresistibile attrazione per il bosco l’ha aiutata a superare un momento difficile e l’ha spinta a diventare, tre anni fa, guida di Forest Bathing.

Katiuscia cresce a Pera tra sci agonistico d’inverno ed escursioni in montagna d’estate. I suoi ricordi d’infanzia sono sempre legati alla natura, camminando, correndo o pedalando all’aria aperta. Dopo aver completato il liceo artistico a Pozza, si trasferisce a Milano per studiare architettura, ma la mancanza di spazi verdi la spinge a cercare rifugio nei parchi della città. Entusiasmante, per lei, un periodo di studio in Canada, dove ritrova la tranquillità che solo la natura può offrire. Rientrata a Milano per la laurea magistrale e dopo un primo lavoro in uno studio di Monza, Katiuscia decide di tornare tra le sue montagne. «La città mi stava stretta, non era decisamente il mio posto. Una volta, a casa ho cominciato a lavorare come architetto in valle e di lì a poco io e Andrea abbiamo avuto Alex, il nostro primo figlio che oggi ha undici anni, e poi è nata anche Anastasia, che ne ha sei».  

Dopo la nascita di Alex, però, Katiuscia affronta un periodo complicato: «Sono andata in crisi, così mi sono chiesta cosa volessi: adoravo stare con mio figlio e al contempo mi sentivo oppressa dal lavoro e dalle responsabilità da gestire. Così, dopo lunghe riflessioni, ho lasciato con dispiacere il lavoro. A chi me lo chiede, racconto di aver sperimentato la “morte in vita” che mi ha spinta, per un anno intero, a frequentare i boschi quanto più potevo. Senza assumere alcun farmaco ho percepito come, giorno dopo giorno, il potere terapeutico degli alberi mi stesse aiutando. In mezzo alla natura mi sono riappropriata del ritmo lento, del silenzio e di me stessa». 

La rinascita di Katiuscia avviene lì dove si è sempre sentita a suo agio. Non solo, la natura le dà la chiave di volta per interpretare l’esistenza. «Si è trattato come di una “chiamata”, da cui è scaturito il desiderio di comunicare quanto la natura sia potente e benefica per tutti noi». Così Katiuscia si rimette a studiare. Questa volta, però, niente edifici e città, ma alberi e boschi con lo Shinrin-yoku (bagno di foresta, in giapponese), che scopre online nel sito di Selene Calloni Williams, una scrittrice e documentarista svizzera autrice di libri e documentari su ecologia profonda, psicologia, sciamanismo, yoga, filosofia e antropologia. «Ho seguito in Svizzera il suo corso per “guida alla terapia della foresta” fino a ottenere il diploma. In Italia però non è riconosciuto, perciò ho frequentato le lezioni di Csen Italia e, infine in Trentino, il corso di Arno Cardini che mi ha formata, grazie a un metodo che traduce in pratica anche gli aspetti più spirituali del forest bathing». 

Da tre anni Katiuscia, oltre a fare la maestra di sci d’inverno, è guida di forest bathing, un’esperienza di connessione profonda con la natura che attira sempre più persone, specie quelle più schiacciate dalla frenesia e dalla digitalizzazione della vita contemporanea. Una pratica che Katiuscia propone in ogni stagione, anche d’inverno e sugli sci. «Lo Shinrin-yoku ha cambiato anche il mio modo di insegnare lo sci, perché ora spingo i miei allievi a fare attenzione alla percezione del corpo e alle emozioni, in modo che ognuno trovi il modo per migliore di fare un certo movimento». 

L’aspetto su cui ci si concentra di più durante il forest bathing, grazie all’osservazione della natura, è lasciar andare i pensieri quotidiani che affollano la mente. «Il mantra che comunico con convinzione è: staccare la spina. Tutti abbiamo bisogno di allontanare dalla mente quei pensieri che si ripropongono continuamente. Poi c’è la necessità di rallentare per cogliere quegli aspetti che normalmente non notiamo. Il mio ruolo, nel bosco, è aiutare le persone a prendere distanza dalla quotidianità. È un ruolo faticoso, mi richiede grande energia, ma molto gratificante: è bello partecipare alle sensazioni che le persone condividono durante l’esperienza. A volte quello che raccontano tocca anche miei aspetti personali su cui devo lavorare, quindi, è una messa alla prova costante». 

Rallentare e staccare la spina richiede tempo, ecco perché per il bagno di foresta servono tre ore di pratica. «È strutturato in modo che chi lo sperimenta, per prima cosa, sia consapevole di ogni parte del suo corpo e dei suoi sensi, poi, percepisca la natura e infine condivida le sue emozioni per poi uscire lentamente dal bosco. L’uscita di solito dispiace, perché la dimensione della foresta per gli uomini è atavica. Basti pensare che l’occhio umano percepisce fino a cento diverse sfumature di verde, cosa che non accade per altri colori, segno che ci siamo evoluti, nel corso di milioni di anni, in mezzo a piante e alberi». 

Da non trascurare affatto anche gli effetti benefici riconosciuti dalla scienza: stare per alcune ore nel bosco migliora pressione arteriosa, frequenza cardiaca e sistema immunitario: «Gli alberi al nostro passaggio (ci percepiscono come estranei) liberano nell’aria, tramite aghi e foglie, i monoterpeni in una pioggia impercettibile da cui deriva il concetto di “bagno di foresta”. Si tratta di molecole che attivano cellule citotossiche del sangue, capaci di fortificare il nostro sistema immunitario». 

Non esiste, poi, un’unica modalità di vivere il forest bathing che muta al variare delle stagioni e delle esigenze. «In questi anni ho frequentato diversi corsi di specializzazione, per fare il bagno di foresta di notte, quando si potenziano udito, olfatto e tatto e la percezione della natura è fortissima, e per le coppie. In questo caso si osserva, nel “qui e ora” e nelle immagini che ci dona il bosco, la relazione tra le due persone coinvolte, partner, amici o genitore e figli che siano». Questa pratica è così di tendenza che c’è chi la regala come “addio al nubilato o al celibato”. «In questo caso, mi avvalgo della variante con l’uso dell’argilla che si trova in certi boschi della Val di Fassa. Il contatto con questo materiale fa emergere emozioni ataviche ed accresce l’esperienza emozionale tra gli alberi».