«Sogno una montagna per tutti» | La storia di Moreno Pesce ospite al Festival di Canazei Campo Base

Scritto da Elisa Salvi per la rubrica “Storie di vita sulle Dolomiti” di Dolomiti da sogno

Simbolo del trail, delle vertical race e anche delle ascese alpinistiche, Moreno Pesce ha superato traguardi importanti nella vita e in quota, con l’obiettivo diffondere il messaggio dell’accessibilità dello sport e della montagna. Con questa motivazione, a maggio, è stato protagonista dell’ennesima impresa: la difficile salita sul Hvannadalshnjúkur in Islanda, il “Ghiacciaio delle Terre Desolate” (2.119 metri), nonché il più grande vulcano attivo d’Europa dopo l’Etna, raggiunto nel 2023. Ma questa è solo l’ultima avventura di Pesce, 48 anni nato a Noale (Ve) e residente ad Auronzo di Cadore (Bl), che, nel 1997, tornando in moto da un’escursione in montagna, rimane coinvolto in un incidente stradale che gli costa la gamba sinistra. Un evento che, inizialmente, lo mette a terra, da dove, però, si rialza grazie a una protesi in fibra di carbonio e titanio.

Costanza e tenacia caratterizzano, così, i suoi allenamenti, che lo portano prima ad abbattere importanti barriere nel trail e nelle vertical race e, dopo l’incontro con la guida alpina Lio de Nes, anche nelle ascese alpinistiche. Con de Nes, raggiunge molte cime dal Monte Rosa alla Grande di Lavaredo, in Italia, e pure all’estero. Ogni momento disponibile, oltre agli impegni di lavoro di padre e compagno, lo dedica alla montagna e all’allenamento, come si può vedere dal suo portale, i suoi social media e il suo canale Youtube popolato da molti video che raccontano le sue imprese, concluse anche grazie a uno staff di esperti.

«La montagna è una sfida così come lo è la vita – racconta Moreno – ogni giorno mi trovo a superare una prova. Mi fa un po’ sorridere quando mi definiscono paralimpico, perché chi è come me è paralimpico tutti i giorni. A volte è un problema anche alzarsi dal letto. Per questo l’allenamento è una questione di salute, la medicina di tutti i giorni per il benessere fisico, mentale e spirituale». Quello vissuto da Moreno è un vero riscatto: «Mi sento fortunato a essere vivo e non riesco a immaginarmi, ora, come ero una volta. Oggi penso a cosa possa fare di buono, accettando il mio limite, per gli altri». Tra gli obiettivi di Pesce c’è l’accesso sempre più diffuso delle persone disabili allo sport e ai suoi circuiti, un fronte su cui per Moreno c’è ancora molto da fare: «Io ho trovato sostegno in Val di Fassa, dove mi sento a casa e dove sono stato accolto da Ennio Dantone e dal gruppo “Bogn da nia”, così come da altre persone speciali che mi hanno coinvolto e lasciato provare».

Moreno ha cominciato la sua carriera di atleta della corsa in montagna con i Vertical La Sportiva, tra 2009 e 2010. «All’inizio c’era chi era contrario, avevo fatto solo qualche test nel Comelico. Ma è stato in Val di Fassa che ho avuto la possibilità di mettermi alla prova e poi alzare l’asticella per prove sempre più ambiziose». L’allenamento in montagna è impegnativo, ma asseconda il desiderio di Moreno di trascorrere più tempo possibile nei suoi luoghi del cuore: le Dolomiti, di cui ha raccontato anche il 29 giugno durante l’incontro “Salite per tutti”, della rassegna “Canazei Campo Base”, che per l’anteprima 2024 ha assunto la forma di festival in collaborazione con @dolomitidasogno. 

«Amo tutta la montagna, vado dove mi chiamano associazioni, società, media per partecipare a progetti o eventi, ma le mie montagne sono le Dolomiti. Sono nato tra le cime del Cadore e sono rinato sulle montagne della Val di Fassa. Nel tempo ho costruito qualcosa di buono con la mia attività sportiva che ha aperto un varco alle persone disabili. Certo, non sempre è filato tutto liscio. Ma ho sempre ritrovato fiducia in persone e gruppi che mi hanno supportato».

Oltre allo sport, secondo Moreno anche il turismo montano deve diventare sempre più inclusivo: «Servono soluzioni e opportunità per un turismo accessibile non solo per i disabili, ma anche per adulti o bambini in carrozzina e per le persone anziane che, in Italia e in Europa, saranno sempre più numerose. Bisogna progettare una montagna diversa, implementando servizi e trasporti sostenibili, perché non si può stare fermi di fronte ai cambiamenti sociali e ambientali che avanzano. Per me è già importante che si parli di questi argomenti, recuperando quel gap di silenzio sui temi della disabilità che ha caratterizzato il passato. E, da ottimista quale sono, non ho dubbi sul futuro di una montagna più inclusiva».